Il peso della povertà alimentare tra gli adolescenti
Creato il 14/11/2024 - Ultima modifica del 14/11/2024
Il mancato accesso al cibo si esprime in varie forme: disagio fisico, psicologico e sociale. Un problema multidimensionale spesso dimenticato, che necessita di un approccio trasversale per essere inquadrato e affrontato efficacemente.
Povertà alimentare: un fenomeno multidimensionale
La povertà alimentare – intesa come l’impossibilità di accedere al cibo in maniera stabile, funzionale e secondo modalità socialmente accettabili – rappresenta un fenomeno multidimensionale, le cui cause ed effetti sono riscontrabili non esclusivamente a livello materiale, ma risultano connesse al carattere psico-emotivo e sociale dell’alimentazione. Pertanto, accanto alla (primaria) funzione nutrizionale, il cibo incarna numerosi significati sociali e relazionali che rendono l’atto del mangiare un’attività estremamente socializzata. L’assenza di sicurezza alimentare, dunque, pregiudica il benessere fisico – in risposta a una scorretta e/o discontinua alimentazione – ma può compromettere anche il tessuto psicologico, sociale ed emotivo delle persone colpite. Sebbene l’esperienza della povertà alimentare possa sopraggiungere nel corso della vita di soggetti appartenenti a fasce più o meno eterogenee della popolazione, i minori rappresentano la categoria maggiormente esposta a tale rischio, spesso ereditato dalla famiglia di origine. Al contempo, essi rappresentano un segmento pressoché privo di strumenti utili a contrastare la condizione in cui vertono.
Perché gli adolescenti sono i più a rischio
L’adolescenza rappresenta uno stadio transitorio nel corso di vita dell’individuo connotato dal passaggio da una condizione, l’infanzia, a un’altra, la maturità. Durante questo rito di passaggio (Van Gennep 2012), ragazze e ragazzi esplorano e assumono nuovi ruoli sociali, delineando progressivamente la propria identità. Tale evento, accompagnato dalla pubertà, comporta notevoli mutamenti fisici, psichici e comportamentali che, a loro volta, generano nuove esigenze, bisogni e paure (Cardinali e Luzi 2017).
Sperimentare una condizione di povertà alimentare nel corso di una tale fase di trasformazione può compromettere il corretto sviluppo fisico e psicologico degli adolescenti, limitandone il benessere e pregiudicandone le future opportunità.
A dimostrare l’esistenza di una diretta relazione tra mancanza materiale di cibo e malessere psico-sociale tra gli adolescenti, l’indagine su “Reddito e condizioni di vita” (EU-SILC) nel 2021 ha implementato un modulo ad hoc dedicato all’analisi delle condizioni di vita dei minori di 16 anni1. A soffrire una condizione di deprivazione materiale e sociale in Italia, nel 2021, erano il 14,8% dei minori di età compresa tra i 12 e 15 anni. Sebbene la mancanza di specifici dati sulla popolazione di interesse non consenta di quantificare accuratamente il peso della povertà alimentare su questa categoria, l’indice di deprivazione materiale e sociale combina l’impossibilità di accedere materialmente a pasti proteici (deprivazione materiale) con l’esclusione dei soggetti colpiti a occasioni di socialità legate al cibo (deprivazione sociale), rivelando un profondo disagio giovanile.
Le conseguenze della povertà alimentare
Vivere una condizione di povertà e insicurezza alimentare comporta il sopraggiungere di diverse problematiche che toccano, in primis, l’ambito della salute fisica. Un accesso discontinuo a ridotte quantità di cibo o l’impossibilità di nutrirsi in maniera adeguata possono infatti contribuire allo sviluppo di forme di malnutrizione. Da un punto di vista strettamente materiale, la povertà alimentare compromette il necessario introito di nutrienti, generando carenze vitaminiche e di componenti fondamentali come il ferro (Slopen et al. 2010). Studi dimostrano che gli adolescenti in condizioni di insicurezza alimentare tendono a manifestare condizioni di salute peggiori, risultanti in problemi dentali (Duke e Borowsky 2018, citato in Dush 2020), asma e problemi respiratori (Kirkpatrick, McIntyre, e Potestio 2010, citato in Dush 2020). Ulteriori indagini hanno individuato ritardi nello sviluppo, elevati tassi di obesità e un maggior numero di ricoveri tra ragazze e ragazzi che hanno sperimentato situazioni di insicurezza alimentare (McLaughlin et al. 2012).
Tuttavia, oltre ai disagi fisici, molteplici sono le conseguenze “invisibili” che essa genera e che possono intralciare il corretto sviluppo psicologico, emotivo e comportamentale dei più giovani, distinguibili tra effetti sulla salute mentale, psicologici e comportamentali ed effetti sociali. La povertà alimentare espone gli adolescenti a gravi ripercussioni sulla propria salute mentale, impedendo loro di condurre un’esistenza priva di stress e disagio legati alla mancanza di cibo. Uno studio di Alaimo, Olson e Frongillo (2002) rivela la relazione esistente tra insicurezza alimentare e disturbi depressivi su un campione di adolescenti di 15 e 16 anni.
Secondo l’indagine, gli adolescenti in povertà alimentare risultano maggiormente soggetti a distimia, disturbi depressivi, ideazione suicidaria e tentativi di suicidio rispetto a coloro che non vivono tale condizione. A confermare ulteriormente l’associazione tra disagio alimentare e malessere mentale tra gli adolescenti, la ricerca di McLaughlin e colleghi (2012) – basata su un campione di adolescenti di età compresa tra i 13 e 17 anni – individua una connessione significativa tra la povertà alimentare e l’insorgenza di ansia, disagi comportamentali e disturbi da sostanze. Lo studio afferma, inoltre, che una restrizione calorica prolungata e un basso apporto nutrizionale possano amplificare stress e reattività emotiva, fattori associati all’insorgere di disturbi mentali.
Il cibo – inteso come un vettore fondamentale nella costruzione della propria identità – rappresenta poi un elemento centrale nelle pratiche di socialità adolescenziali. Esso funge da strumento utile a stabilire e mantenere le proprie relazioni sociali. Pertanto, consapevoli della propria condizione, adolescenti e giovani adulti manifestano spesso un disagio di natura sociale. Uno studio di Frongillo e colleghi (2022) – condotto su un campione di 40 soggetti tra i 9 e i 15 anni – riporta che quasi la totalità dei ragazzi intervistati riferiscono di sperimentare vergogna per l’impossibilità della propria famiglia di procurarsi del cibo, una circostanza che i ragazzi associano alla povertà. La vergogna tra gli adolescenti si dispiega in diverse forme, tra cui rabbia, tristezza, desiderio di fuga e si amplifica nel confronto con i pari. Le analisi di Bernal et al. (2016) e Frongillo et al. (2021) evidenziano come il senso di imbarazzo e la paura di essere considerati poveri accrescano la sofferenza emotiva che, se estremizzata, può condurre a conseguenze negative come autolesionismo, tentativi di suicidi e suicidi.
Approcci multidimensionali per il benessere dei ragazzi
A fronte di un’evidente condizione di disagio giovanile derivante dalla povertà alimentare, brevemente descritta poco sopra, appare essenziale adottare uno sguardo attento a questa categoria spesso trascurata.
In questo senso, l’implementazione di nuovi strumenti di misurazione del fenomeno potrebbero facilitare la quantificazione della povertà alimentare tra le fasce della popolazione, aprendo la strada a innovative strategie di contrasto. In questo contesto si inserisce il progetto DisPARI che tra i suoi obiettivi prevede proprio lo sviluppo di uno strumento di rilevazione della condizione alimentare degli adolescenti.
Inoltre, al fine di superare l’affiorare di disagi mentali, psicologici e sociali, derivanti dall’assenza di sicurezza alimentare, approcci multidimensionali e di innovazione sociale potrebbero fornire un sostegno completo e concreto ai giovani colpiti. Tra le iniziative possibili ci sono spazi dedicati all’ascolto e al coinvolgimento attivo dei ragazzi, che risultano fondamentali per promuovere un supporto sia alimentare sia sociale e ridurre il circolo delle disuguaglianze. In tal senso, gli empori solidali – che approfondiremo con un articolo nelle prossime settimane – dispongono di un potenziale innovativo, dato dalla capacità di combinare l’aspetto sociale e interpersonale con il sostegno alimentare.
Fonte: secondowelfare.it